Difficile andare al di là degli esempi che hai citato ma Super Mario è in parte Minecraft sono giochi che sono nel al di là del videogioco, Uncharted e Assassin Creed sono più da “core gamer” passami il termine, anche Tomb Raider. Insomma non si può dire che sono titoli che “lo sa anche mio nonno”. Al di là poi di cosa ha funzionato nella comunicazione dell’uno e dell’altro.
Ciao Davide, innanzitutto grazie del commento. Ho una perplessità: non saprei effettivamente quanto Assassin’s Creed, ad esempio, abbia un immaginario sconosciuto ai più, o al contrario quanto Five Nights at Freddy’s sia conosciuto a tutti, riprendendo due esempi dal mio articolo.
Nonostante questo, la tua riflessione in realtà non è neanche del tutto discorde da quanto ho provato a esprimere: è proprio perché i Super Mario e Minecraft fanno appello a una materia già conosciuta alla stragrande, su cui sono già state intessute storie e meta-narrazioni, che poi al cinema attraggono tutti.
I videogiochi che già si presentano cinematografici - che comunque non direi che siano sempre appannaggio dei soli gamer - trovo invece che facciano (giustamente) già in autonomia un lavoro narrativo simile a quello dei film, e quindi riescono a portare poco all’esterno della cerchia dei gamer un certo tipo di discorsi e meta-discorsi che poi decretano la fortuna di quelle storie al cinema.
In qualche modo questo, a mio parere, andrebbe solo a rinforzare la tesi per cui ciò che riesce a portare gente (anche tendenzialmente disinteressata) al cinema, sia anche giocare con il fandom e le pratiche di costruzione di immaginari e storie dal basso. Certamente, questo è possibile con i materiali alla base più scarni e disposti a essere “riempiti”, per cui funzionano meglio alcuni videogiochi più di altri, eccetera.
Difficile andare al di là degli esempi che hai citato ma Super Mario è in parte Minecraft sono giochi che sono nel al di là del videogioco, Uncharted e Assassin Creed sono più da “core gamer” passami il termine, anche Tomb Raider. Insomma non si può dire che sono titoli che “lo sa anche mio nonno”. Al di là poi di cosa ha funzionato nella comunicazione dell’uno e dell’altro.
Ciao Davide, innanzitutto grazie del commento. Ho una perplessità: non saprei effettivamente quanto Assassin’s Creed, ad esempio, abbia un immaginario sconosciuto ai più, o al contrario quanto Five Nights at Freddy’s sia conosciuto a tutti, riprendendo due esempi dal mio articolo.
Nonostante questo, la tua riflessione in realtà non è neanche del tutto discorde da quanto ho provato a esprimere: è proprio perché i Super Mario e Minecraft fanno appello a una materia già conosciuta alla stragrande, su cui sono già state intessute storie e meta-narrazioni, che poi al cinema attraggono tutti.
I videogiochi che già si presentano cinematografici - che comunque non direi che siano sempre appannaggio dei soli gamer - trovo invece che facciano (giustamente) già in autonomia un lavoro narrativo simile a quello dei film, e quindi riescono a portare poco all’esterno della cerchia dei gamer un certo tipo di discorsi e meta-discorsi che poi decretano la fortuna di quelle storie al cinema.
In qualche modo questo, a mio parere, andrebbe solo a rinforzare la tesi per cui ciò che riesce a portare gente (anche tendenzialmente disinteressata) al cinema, sia anche giocare con il fandom e le pratiche di costruzione di immaginari e storie dal basso. Certamente, questo è possibile con i materiali alla base più scarni e disposti a essere “riempiti”, per cui funzionano meglio alcuni videogiochi più di altri, eccetera.