Il cinema cinese si regge su un solo film
Il film di maggior successo dell’anno viene da un’industria in profonda crisi, che sta provando a porre delle soluzioni per tenere in piedi il settore
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Il film che ha incassato di più nel 2025 non è né americano né europeo. È il seguito di un film d’animazione cinese che si chiama Ne Zha, e che ha superato i due miliardi di dollari in tutto il mondo. Il problema è che quest'unico film, da solo, ha incassato quasi la metà dei biglietti venduti in Cina durante l’anno. Questo significa che tutti gli altri film usciti al cinema hanno guadagnato pochissimo. Per fare un confronto, negli Stati Uniti il film di Minecraft – primo al box office – copre solo il 10 per cento del mercato annuale.
L’industria cinematografica cinese non si è mai ripresa del tutto dalla pandemia. I ricavi medi delle sale sono ancora inferiori del 12 per cento rispetto al 2019, e negli ultimi quattro mesi sono calati anche rispetto all’anno scorso. Wang Changtian, produttore e distributore di Ne Zha 2, durante il festival del cinema di Shanghai ha parlato apertamente di un possibile declino permanente degli incassi in Cina.

Secondo alcuni dirigenti cinesi del settore intervistati da Bloomberg, oggi girare un film costa dieci volte più che dieci anni fa. A detta loro, per sopravvivere, bisognerebbe dimezzare il numero di titoli prodotti ogni anno per ridurre l’offerta e abbassare i costi di produzione.
Fino a poco tempo fa, molti pensavano che la Cina sarebbe diventata il primo mercato cinematografico al mondo: per poco più di un decennio il settore è cresciuto con una rapidità impressionante, aiutato da una massiccia pianificazione governativa di investimenti.
Ma il pubblico non è cresciuto di pari passo. Le sale che prima della pandemia erano occupate al 20 per cento, oggi lo sono solo per il 5 o 10. In queste condizioni, molte non riescono neanche a rientrare delle spese.
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La Cina potrebbe – e secondo molti dovrebbe – aumentare il numero di film stranieri distribuiti nel Paese; film che negli ultimi anni sono stati sempre meno. La Corea del Sud, per esempio, non può distribuire le sue opere in Cina per alcune tensioni diplomatiche e militari.
Questo divieto potrebbe allentarsi se i rapporti tra i due paesi continueranno a migliorare come sta avvenendo, ma sempre a patto che i film coreani superino la censura locale, che storicamente ha autorizzato pochi film esteri. A dimostrazione di una parziale apertura, quest’anno il festival di Shanghai ha incluso più di cinquanta film giapponesi nel suo programma.

Per sostenere il settore, il governo cinese ha investito 1 miliardo di yuan, cioè circa 120 milioni di euro, in sconti sui biglietti – ridimensionando il costo dell’operazione è un po' come da noi. Nel frattempo sta anche cercando di rendere i cinema più moderni, immersivi e attraenti per aiutare l’idea che l’esperienza della sala non possa essere replicata a casa.
Per esempio il gruppo Wanda, il maggiore operatore di cinema nel Paese, vuole trasformare le sale in spazi multifunzionali, in piccoli centri commerciali dove, ad esempio, si possono comprare gadget e merchandising ispirati ai titoli in sala.
In Cina la quasi totalità degli incassi di un film arriva dalla vendita dei biglietti, a differenza di Hollywood che guadagna da molte altre fonti (merchandising, vendite all’estero, piattaforme di streaming, home video). Tolta la quota delle sale e i costi della promozione, a cui va aggiunta la tassazione del paese, ai produttori cinesi resta solo un terzo degli incassi.
Secondo Lucas Shaw, il problema principale per i produttori cinesi è che i loro film – anche quelli di grande successo – fanno molta fatica a guadagnare all’estero, perché le case di produzione cinesi non hanno rapporti consolidati con le grandi catene di cinema europee o americane, e raramente investono in promozione al di fuori del mercato interno.
Ne Zha 2 potrebbe piacere molto anche fuori dalla Cina, in modo simile a quanto accade con i film Disney o Pixar. Negli Stati Uniti ha guadagnato circa 20 milioni di dollari, che per un film cinese è tanto, ma è nulla per un mercato che doveva fare concorrenza a Hollywood: Minecraft, nel mondo, ha incassato più di 500 milioni di dollari.
Raymond Zhou, il più noto critico cinese all’estero, ha raccontato di aver visto Ne Zha 2 in una sala AMC a Houston, in Texas: all’ingresso non c’era nemmeno un poster del film.
Veloce Veloce
Restando in tema, la Cina ha un atteggiamento diverso agli Stati Uniti anche per quanto riguarda l’intelligenza artificiale: ci sono, infatti, molti meno vincoli normativi rispetto alla legislazione americana, ancora piuttosto cauta su alcune questioni legate all’IA. Questo, ad esempio, ha permesso alla China Film Foundation di utilizzare l’intelligenza artificiale per far conoscere alle nuove generazioni di tutto il mondo i classici del cinema cinese d’arti marziali, come i film con Bruce Lee o Jackie Chan (ad esempio rifacendoli in forma animata). Se negli Stati Uniti le innovazioni dell’IA hanno incontrato l’esigenza dei professionisti del settore di una maggior regolamentazione - come abbiamo visto durante gli scioperi di due anni fa - in Cina il fenomeno è sempre più integrato al tessuto produttivo ed è relativamente poco controllato a livello legale.
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Due cose belle e ci salutiamo
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Il film è una storia d’amore, ma parla anche in modo sincero e realistico dei giovani delle periferie italiane (quella romana nello specifico), e lo fa mescolando un contesto molto duro con momenti intimi e dolci. È un mix che di solito crea film troppo melensi o troppo freddi, ma che in Cuori puri dà vita a una grazia narrativa, registica e attoriale fuori dal comune.
Il film riflette sulla fede con assoluto rispetto ma anche senso critico, evidenziandone le contraddizioni e le difficoltà di chi prova ad avere una morale forte in un contesto complicato. Cuori puri è empatico, umano e solidale nei confronti di tutti i gruppi sociali e le persone che racconta. Ed è un film da vedere il prima possibile.
di Angelo Fortuna
Sull'isola di Bergman di Mia Hansen-Løve (a noleggio)
Sull’isola di Bergman è il penultimo film della regista francese Mia Hansen-Løve. Racconta la storia di Chris e Tony, che crescono una figlia, dirigono film e stanno cercando ispirazione per scrivere i loro prossimi progetti. Si trasferiscono sull’isola di Fårö, in Svezia, isola cara ad Ingmar Bergman e divenuto posto di culto per gli amanti del cinema.
Sull’isola, la coppia soggiorna proprio nella casa del regista, dormono nel letto di “Scene da un matrimonio”, partecipano a proiezioni e disquisizioni sulla vita ed il lavoro dell’autore svedese.
Con il passare del film, non seguiamo solo la vita quotidiana di Chris e Tony, ma entriamo all’interno delle storie che stanno scrivendo. Loro le raccontano e noi le vediamo, finché il confine tra realtà e finzione sembra non esistere più ed è lì si crea una rottura. Rottura che pone una domanda importante: il cinema è una forma di realtà o solo un’illusione?
È un film che parla di sentimenti, di erotismo, di ricerca, di complicità e anche di famiglia. È ricco di riferimenti al cinema di Bergman che fungono da sfondo a questa storia, perciò se siete amanti del suo cinema non potete perdervelo.
di Simone Marcolin